Nel 2023, l’Italia sta affrontando un significativo aumento della pressione fiscale, un cambiamento che ha un impatto sostanziale sia sui cittadini che sulle aziende. Analizzando le varie fonti, possiamo delineare un quadro completo di questa situazione.
Prima di tutto, il peso delle tasse e dei contributi sociali in Italia è aumentato nel 2022, raggiungendo il 42,9% del Prodotto Interno Lordo (PIL), un leggero incremento rispetto al 42,8% del 2021. Questo colloca l’Italia al sesto posto in Europa per quanto riguarda il carico fiscale e contributivo complessivo, superata solamente da nazioni come Francia, Belgio e Austria.
Inoltre, a livello di entrate, l’analisi del Centro studi di Unimpresa mostra che lo Stato italiano prevede di incassare 50,6 miliardi di euro in più nel 2023 rispetto al 2022. Questo aumento sarà dovuto principalmente a un incremento delle imposte indirette (come l’IVA) e delle tasse a carico delle aziende (tra cui l’IRES e l’IRAP), oltre a un aumento dei contributi sociali e delle “altre entrate”. Tuttavia, è prevista anche una riduzione delle imposte su reddito e patrimonio (come l’IRPEF e l’IMU).
Interessante notare che, sebbene ci sia stato un aumento generale delle tasse in Italia, a livello dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) si è invece osservata una lieve contrazione del rapporto medio tasse/PIL, passando dal 34,2% nel 2021 al 34% nel 2022.
Uno degli aspetti più rilevanti di questo incremento fiscale è la previsione che nel 2023 si raggiungerà il picco del 50% di pressione fiscale, secondo i dati del Fondo Monetario Internazionale (FMI). Tuttavia, il FMI prevede anche un calo progressivo fino al 47,8% entro il 2028.
In conclusione, il 2023 rappresenta un anno di sfida per l’Italia in termini fiscali, con un aumento della pressione fiscale sia per i cittadini che per le aziende. Questo contesto richiederà una gestione attenta sia a livello individuale che aziendale, in un panorama europeo e globale in continuo cambiamento.